La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 17 compagni, è iniziata affrontando il fenomeno delle "grandi dimissioni".
È uscito Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita (Einaudi, 2023), un'analisi sociologica di Francesca Coin sul cambiamento del mondo del lavoro e della società. Sulla rivista abbiamo già avuto modo di recensire testi sulla fine del lavoro, sull'automazione e sulla "disoccupazione tecnologica"; il libro di Coin ha il merito di affrontare la nuova tendenza che si sta sviluppando in diversi paesi del mondo e che si risolve in una disaffezione crescente verso il lavoro salariato. Il fenomeno è esploso in concomitanza con la pandemia: nel 2021 negli Stati Uniti 48 milioni di lavoratori hanno deciso di licenziarsi, e nello stesso anno in Italia sono stati in 2 milioni a lasciare il posto di lavoro. Anche in Cina i lockdown hanno rappresentato un giro di boa, portando all'emersione dei fenomeni "Tang ping" ("sdraiarsi") e "Let it rot" (bailan, "lascialo marcire"): siccome il sistema si è rotto, i giovani cinesi pensano che tanto vale sdraiarsi e lasciare che esso marcisca. Come nota Coin, "in India come in Cina, da mesi si è diffusa una controcultura che mette in discussione l'etica del lavoro e l'obbligo al lavoro salariato."
Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo parlato del Primo Maggio nel mondo con particolare riferimento a quanto successo in Francia.
Nel paese vi sono state manifestazioni in più di 200 città e si stima siano scesi in piazza circa 2,5 milioni di persone. Secondo quanto dichiarato dal ministro dell'Interno Gérald Darmanin, sono stati 540 i manifestanti fermati e 406 i poliziotti feriti durante la mobilitazione, che si inserisce in un contesto di scioperi e lotte contro la legge sulle pensioni in corso da mesi. Sulla spinta della base, i sindacati francesi sono stati costretti a muoversi unitariamente, si è dunque costituita una struttura intersindacale che ha indetto la quattordicesima giornata di protesta per il prossimo 6 giugno.
Nei video che circolano in Rete si nota l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di mezzi e tecniche di guerra, ad esempio i droni. Ma strumenti del genere sono stati usati dagli stessi manifestanti che hanno usato aeromobili a pilotaggio remoto per controllare i movimenti dell'avversario (come successo a Varsavia al tempo delle manifestazioni di Occupy). La polizia francese, oltre a lacrimogeni, spray urticanti e proiettili di gomma, fa ampio uso di granate esplosive che sono classificate come armi da guerra. Durante le recenti manifestazioni ecologiste contro il bacino idrico di Sainte-Soline, due persone sono finite in coma e centinaia sono rimaste ferite.
La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, è iniziata con il commento delle notizie provenienti dal Brasile riguardanti l'assalto ai palazzi delle istituzioni ad opera dei sostenitori dell'ex premier Jair Bolsonaro.
Le manifestazioni anti-Lula, sfociate nell'irruzione nel Parlamento, nel palazzo presidenziale e in quello della Corte Suprema a Brasilia, sono il frutto di una spaccatura che da anni segna il paese sudamericano e che negli ultimi mesi, almeno dall'ottobre del 2022, si è esacerbata. Le ragioni alla base della profonda divisione sociale sono molteplici, e sono di carattere politico, geografico, di classe e finanche religioso (vedi crescita dei movimenti evangelici). In entrambe le tifoserie ci sono masse di uomini preoccupate per il proprio futuro, che al sud chiedono più liberismo e al nord un intervento statale di maggiore portata. Da una parte c'è chi ha paura di perdere ciò che ha conquistato in questa forma sociale, dall'altra chi ha poco e non vuole precipitare ancora più in basso.
Si è dunque verificato uno scontro sociale che si è riflesso all'interno dello stato brasiliano, il quale fatica a mantenere il controllo della società. In generale, lo Stato è sempre meno capitalista collettivo e sempre più struttura contesa tra cordate capitalistiche e apparati in lotta gli uni con gli altri. Questo vale per il Brasile come per gli Stati Uniti, che hanno già sperimentato l'assalto a Capitol Hill da parte di gruppi di manifestanti trumpisti in protesta contro il risultato delle urne. Forse gli anelli deboli della catena imperialistica sono proprio gli stati federali, quelli in cui gli stati membri in situazioni di forte crisi tendono a rivendicare maggiore sovranità.
La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo al XX congresso del PCC che si è aperto domenica 16 ottobre nella Grande sala del popolo di Pechino con il discorso del presidente Xi Jinping.
I punti salienti della relazione, che è durata un'ora e mezza contro le quattro attese, sono stati: la conferma di quella che è stata definita la "guerra popolare" a tutto campo contro la Covid-19, e cioè la politica "zero contagi" che ha "privilegiato la vita umana"; e la preoccupazione per l'arrivo di "pericolose tempeste", a cui il paese deve prepararsi investendo sulla "sicurezza", parola citata 50 volte. Durante il congresso, che rinnoverà il mandato a Xi Jinping per la terza volta, anche il termine nazione è stato ripetuto in innumerevoli occasioni, ed è stata ribadita con forza la necessità di mantenere unito il popolo al suo partito ("unità ideologica").
L'economia cinese sta rallentando, a causa degli esordi della recessione globale ma anche per la linea zero Covid, che ha imposto blocchi e limitazioni agli scambi e agli spostamenti. A ciò si sono aggiunti, negli ultimi tempi, i problemi del mercato immobiliare (vedi caso Evergrande), settore verso cui sono confluiti i risparmi di molti cinesi.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 21 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sul tema del salario minimo, in relazione all'accordo raggiunto dall'Unione europea in questi giorni.
L'intesa sui minimi salariali dovrà ora essere ratificata dal Parlamento e dal Consiglio Ue, e toccherà poi ai singoli Paesi membri recepire la direttiva. Non c'è ancora nulla di certo, dunque. La crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell'energia sta riducendo il potere d'acquisto dei lavoratori, perciò gli stati dovranno intervenire in qualche modo per cercare di preservare la pace sociale e sostenere i consumi delle famiglie.
Durante un incontro pubblico a Torino il segretario generale della CGIL ha detto che "siamo di fronte a una situazione sociale esplosiva. Non ci sono solo i salari bassi, ma un livello di precarietà nel lavoro e nella vita che non c'è mai stato, una situazione di incertezza, insicurezza." In un'altra occasione ha evocato la necessità di "un contributo di solidarietà da parte dei più ricchi", ovvero l'adozione di un'imposta patrimoniale da "applicare anche alle rendite finanziarie" per aumentare i salari. Pezzi di classe dominante e di burocrazia sindacale sono arrivati all'idea che bisogna agire sulla "propensione marginale al consumo" (la quale ci dice che l'aumento di un reddito basso si traduce comunque in consumo, mentre l'aumento di un reddito alto si traduce tendenzialmente in tesaurizzazione, risparmio o speculazione), anche perché, come scrive The Economist, si sta profilando all'orizzonte una nuova recessione in Europa e negli Stati Uniti (Europe's economy grapples with an acute energy shock", "A recession in America by 2024 looks likely").
Durante la teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 22 compagni, abbiamo discusso della crescita del prezzo delle materie prime ed, in particolare, dell'energia.
In un articolo pubblicato nell'ultimo numero dell'Economist (curiosamente intitolato "The energy shock", lo stesso titolo di un nostro resoconto di qualche settimana fa che abbiamo appreso essere stato tradotto prima in spagnolo e poi in tedesco), si ricorda che dal 31 ottobre al 12 novembre si terrà la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (COP26). Al vertice parteciperanno i leader mondiali, riuniti nel tentativo di stabilire una rotta affinché le emissioni globali di carbonio raggiungano lo zero entro il 2050.
Mentre la classe dominante annuncia di impegnarsi in uno sforzo trentennale, nella pratica fa il contrario. Da maggio il prezzo di un paniere di petrolio, carbone e gas è aumentato del 95%, e lo scorso settembre la Gran Bretagna, che ospiterà il vertice, ha riacceso le sue centrali elettriche a carbone. Londra ha comunque fatto sapere che punterà sul nucleare per ridurre le emissioni di CO2.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata con le notizie riguardo gli ultimi sviluppi della situazione libanese, a cominciare dall'esplosione avvenuta nella zona del porto di Beirut.
Da giorni le piazze del paese mediorientale si riempiono di migliaia di manifestanti che si scontrano violentemente con la polizia e lanciano slogan contro il governo e contro Hezbollah. A Beirut, sabato 8 agosto, sono stati presi d'assalto i ministeri dell'Energia, degli Esteri e dell'Economia, mentre decine di manifestanti sono riusciti ad entrare nella sede dell'Associazione delle Banche del Libano. L'esercito è intervenuto per sgomberare il ministero degli Esteri, dove gli occupanti avevano issato uno striscione con la scritta "Beirut capitale della rivoluzione".
A Chicago, negli Stati Uniti, è stato imposto il coprifuoco e i quartieri del centro, dopo una notte di scontri e saccheggi, sono stati isolati dal resto della città. Da mesi le principali città americane sono in fibrillazione; a Portland gli incendi e gli scontri con le forze dell'ordine continuano tutte le notti da oltre 60 giorni. Anche in Bielorussia, a Minsk, ci sono state decine di manifestazioni, che hanno visto la partecipazione del mondo del lavoro: hanno scioperato i metallurgici, i minatori, i lavoratori dell'azienda del gas e quelli degli zuccherifici. Durante le assemblee si è sentito parlare di "sciopero fino alla vittoria".
La teleconferenza di martedì sera, presenti 26 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le manifestazioni in corso in tutto il pianeta, notando come esse mostrino con sempre maggior evidenza caratteri e dinamiche simili.
Negli Usa proseguono le mobilitazioni che vanno genericamente sotto il nome di Black Lives Matter, alimentate dalle uccisioni quasi quotidiane di afroamericani da parte della polizia. Il movimento ha iniziato a demolire le statue di colonizzatori o razzisti, provocando la reazione dei suprematisti bianchi che in alcuni casi si sono schierati armati a difesa dei monumenti. Ad Albuquerque, in New Mexico, durante l'abbattimento della statua di un "conquistador" da parte di un gruppo di antirazzisti, un "vigilantes" ha ferito a colpi di armi da fuoco un manifestante. Anche in Inghilterra, a Londra, nello scorso week end si sono verificati scontri di piazza tra nazionalisti, polizia e attivisti di Black Lives Matter.
Negli stati federati crescono intanto le zone autonome, come quella di Seattle. Nuove aree "liberate" sono nate a Nashville, Ashville, Chicago e Philadelphia. Per ora non si sa molto di quanto accade in queste autonomous zone, anche se dalle informazioni che circolano in rete sembra si tratti di esperimenti che si inseriscono nel solco tracciato da Occupy Wall Street. La Capitol Hill Autonomous Zone (#Chaz) di Seattle si autogestisce e si ritiene altra cosa rispetto allo stato, avvisando chiunque entri nell'area che sta lasciando il territorio degli Stati Uniti d'America. Su Twitter si trovano immagini di membri del servizio d'ordine della Chaz armati, una forma di radicalizzazione rispetto a OWS, che è stata un'esperienza tutto sommato pacifica. Anche alcune manifestazioni antirazziste sono state aperte da cordoni di manifestanti armati, come nel caso di Atlanta, dove un corteo ha visto in prima linea militanti delle Black Panthers.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 27 compagni, è iniziata dalla segnalazione di alcune news di carattere economico.
A causa del lockdown sono tante le aziende fallite o prossime al fallimento. In Italia, l'associazione di categoria dei commercianti, Fipe-Confcommercio, ha previsto la chiusura di 50.000 attività e la perdita di circa 300 mila posti di lavoro, soprattutto nei settori della ristorazione e dell'intrattenimento: bar, ristoranti, pizzerie, discoteche. L'americana Hertz, che si occupa di noleggio di auto, ha dichiarato la bancarotta, mentre in Francia il colosso automobilistico Renault ha chiesto aiuto allo stato per salvarsi dalle ingenti difficoltà economiche in cui versa. Ma anche gli stati non navigano in buone acque. L'Argentina sta contrattando il suo nono fallimento, il terzo dall'inizio del nuovo millennio, e il Libano è alle prese con un default in un contesto sanitario, sociale ed economico gravissimo.
La crisi determinata dalla pandemia si aggiunge alla crisi storica del capitalismo senile. La robotizzazione della produzione porta alla riduzione del numero di operai impiegati e ciò nega il funzionamento della legge del valore-lavoro. Una singola fabbrica può automatizzarsi sfruttando il differenziale con le altre, ma da una generale robotizzazione della produzione non si ricaverebbe più plusvalore , perché non esisterebbe più una forza-lavoro da sfruttare, diventata del tutto superflua. Una società è tanto più moderna quanto più libera forza lavoro. Per noi, la "dottrina dell'automatismo nella produzione si riduce a tutta la nostra deduzione della necessità del comunismo, fondata sui fenomeni del capitalismo" ("Traiettoria e catastrofe…", 1957).
La teleconferenza di martedì sera, presenti 24 compagni, è iniziata dalle ultime notizie sulla diffusione del Covid-19 ed in particolare sulla scoperta di un nuovo focolaio in Cina.
Alcune testate giornalistiche minori (le maggiori non ne hanno fatto accenno) segnalano che nelle provincie nordorientali cinesi di Liaoning, Jilin e Heilongjiang sono state attivate nuove misure restrittive che coinvolgono un totale di 100 milioni di persone. A Shulan, uno dei maggiori centri della provincia di Jilin, un rigido lockdown blocca in casa 700 mila residenti: trasporti fermi, scuole, uffici e negozi chiusi, possibilità di uscire una volta ogni due giorni per fare la spesa per un solo membro della famiglia. Pechino si è mossa preventivamente per evitare quanto accaduto con la chiusura di Wuhan, quando decine di migliaia di persone fuggirono dalla città portando con sé anche il virus.
Mentre in Cina bastano poche decine di nuovi contagi perché si mettano in atto misure di contenimento drastiche, in Italia, e nello specifico in Lombardia, fabbriche, uffici, negozi e bar riaprono nonostante centinaia di nuovi casi giornalieri. Il comitato tecnico-scientifico che affianca il governo italiano nella gestione dell'emergenza ha espresso importanti dubbi sulle misure di apertura totale, ma il presidente del Consiglio ha spiegato che la politica deve rispettare le esigenze delle attività economiche e che il rischio di una crescita dei positivi è calcolato. Detto con altre parole, prima viene la salvaguardia dell'economia nazionale e poi quella degli uomini. In Germania, dove sembrava che l'epidemia fosse sotto controllo, si sono presentati nuovi focolai in diversi mattatoi e sono decine i lavoratori infettati e centinaia quelli messi in quarantena.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata prendendo spunto dal dibattito politico in corso riguardo la riforma del MES.
Il Meccanismo Europeo di Stabilità, detto anche fondo salva-Stati, è un'organizzazione intergovernativa dei paesi della zona euro che ha la funzione di mantenere la stabilità finanziaria dell'area. Il fondo ha una dotazione di 80 miliardi di euro, ma ne può raccogliere sui mercati fino a 700 attraverso l'emissione di titoli con la garanzia degli stati che vi aderiscono. Tutto sommato, si tratta di poco, specialmente se con questi soldi si pensa di poter contrastare gli effetti di un prossimo crack. Per fare un confronto, basti considerare che il PIL dell'eurozona si aggira intorno ai 16mila miliardi di euro.
Al di là delle polemiche tra partiti, tra favorevoli e contrari, ciò che interessa mettere in luce è la contraddizione in cui gli stati dell'Unione Europea si dibattono: da una parte il fondo serve ad intervenire se un paese rischia di andare in default, dall'altra determina un controllo delle finanze sui singoli paesi togliendo autonomia agli esecutivi. Il capitalismo europeo ha la necessità di superare i confini nazionali per poter competere con giganti come Cina e Usa, ma al tempo stesso deve fare i conti con le singole borghesie, vincolate agli interessi nazionali. Un meccanismo in atto che vede le dinamiche centripete scontrarsi con quelle centrifughe. Lo stesso discorso vale per il capitalismo mondiale: essendo un sistema internazionale di scambio di merci e di flussi di valore, richiede organismi sovranazionali come la Banca Mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Organizzazione mondiale della sanità e il WTO, ma questi non funzionano come dei ministeri perché non fanno capo ad un esecutivo unico mondiale, ma alle esigenze dei singoli paesi, in primis di quelli più forti, che hanno maggior potere di ricatto. Non solo dal 2008 ad oggi non è stato recuperato il livello precedente di crescita, ma addirittura il commercio mondiale è sceso. Di fronte a tutto ciò, i provvedimenti della borghesia sono di una leggerezza incredibile: servirebbe un po' di coraggio, smettendo di foraggiare le banche e cominciando a versare i soldi direttamente nei conti correnti dei cittadini, come suggerito dal Wall Street Journal.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata commentando alcune notizie riguardanti le energie rinnovabili.
Pare che negli Stati Uniti un gruppo di scienziati abbia sviluppato un sistema di specchi che, sfruttando l'energia solare, riesce a raggiungere la temperatura di 1000 gradi. L'obiettivo dell'esperimento è di arrivare ai 1500, la condizione necessaria per fondere l'acciaio, ed eliminare progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili (en passant: i primi esperimenti per ottenere alte temperature attraverso specchi parabolici sono stati condotti dal premio Nobel Carlo Rubbia in Italia con il progetto Archimede, poi esportato in Spagna). Che sia la soluzione per produrre energia senza inquinare l'ambiente? Abbiamo dei dubbi in merito. Basti pensare all'Ilva di Taranto: anche se riuscisse a produrre da sé tutta l'energia necessaria, rimarrebbe comunque un gigante inutile. Insomma, bisogna sempre chiedersi che senso abbia adoperare certe tecnologie ed in funzione di quale produzione. Non è un problema di natura tecnica, riferita al variare delle fonti energetiche (in ultima istanza tutte riconducibili al lavoro del Sole), ma di natura sociale: l'attuale modo di produzione non conosce sé stesso, bada solo al profitto, e quindi continuerà a sprecare energia e a distruggere l'ambiente.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, è iniziata riprendendo il tema della parabola storica del plusvalore, nell'ottica di analizzare le profonde determinazioni che stanno alla base delle proteste e delle rivolte attualmente in corso in diversi paesi.
Prendiamo il caso di FCA (ex Fiat). L'azienda impiega circa 200mila dipendenti in tutto il mondo, produce circa 5 milioni di autovetture all'anno, e per il 2018 ha dichiarato un fatturato di 110 miliardi di dollari. Pur esistendo un unico marchio che ne identifica le merci, la maggior parte dei componenti che vengono poi assemblati negli stabilimenti è prodotta da una rete di imprese in outsourcing. Da un pezzo la fabbrica è uscita dalle mura aziendali, distribuendosi sul territorio grazie al sistema della logistica; oggi non esiste più la grossa fabbrica verticale di novecentesca memoria che produceva tutto da sé, ma le lavorazioni sono state in prevalenza esternalizzate ("Sull'uscita di Fiat da Confindustria e alcuni temi collegati"). Se in Italia agli inizi del 2000 la Fiat contava 112mila addetti, oggi Fca ne impiega 29mila, comprese Maserati e Ferrari.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 13 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sul testo Salario, prezzo e profitto di Marx, ed in particolare sul capitolo "La forza lavoro".
Il lavoratore moderno non vende sé stesso ma la sua particolare forza lavoro, secondo un processo storico di dissociazione tra l'operaio e i suoi mezzi di lavoro: "La separazione del lavoratore e degli strumenti di lavoro, una volta compiutasi, si conserva e si rinnova costantemente a un grado sempre più elevato, finché una nuova e radicale rivoluzione del sistema di produzione la distrugge e ristabilisce l'unità primitiva in una forma storica nuova".
Oggi la produttività del lavoro è altissima: pochissimo lavoro vivo mette in moto una grande quantità di lavoro morto, sottoponendo la legge del valore a dura prova. Troppo capitale, troppe merci e troppa produzione sociale rispetto all'appropriazione privata spingono il sistema al limite. Naturalmente esiste un nesso tra questo insieme di fenomeni e le rivolte che stanno scoppiando nel mondo.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata con la segnalazione di un articolo del Corriere della Sera intitolato "Più posti, ma part time: così le ore lavorate sono meno di 12". Secondo il giornale, aumenta l'occupazione ma anche la precarietà poiché è in calo il numero delle ore lavorate; per quanto riguarda il numero degli occupati, il quotidiano riporta che "in Italia lavorano 23,3 milioni di persone. Il tasso di occupazione nella fascia d'età tra 20 e 64 anni è del 63% contro l'80% della Germania e il 73% della media dell'Unione europea." Lo stato cerca di dare ossigeno all'economia emanando provvedimenti del tipo "Quota 100", ma non è possibile ricreare i posti di lavoro che la tecnologia ha reso superflui. In questi giorni è finita sotto i riflettori di giornali e televisioni la questione Ilva con i relativi lamenti politici e sindacali in merito alla difesa dell'occupazione. I sacerdoti del lavoro si commuovono e lo benedicono, ma le fabbriche-galere chiudono comunque. Se i lavoratori vengono licenziati perché in esubero rispetto alle esigenze produttive, dal punto di vista della lotta immediata non resta altro da fare che pretendere una forte riduzione dell'orario di lavoro e un salario decente per i disoccupati.
La teleconferenza di martedì sera, collegati 14 compagni, è iniziata dal commento di una mappa pubblicata dalla CNN, in cui vengono evidenziati i paesi che nel 2019 sono stati interessati da proteste e rivolte.
Rispetto alla cartina che avevamo utilizzato nel 2011 per l'articolo "Marasma sociale e guerra", si sono aggiunti alle aree coinvolte dai disordini Spagna, Russia, Sudan, Libano, Hong Kong, Indonesia e quasi tutto il Sud America. Quando a scendere in strada sono milioni di atomi sociali che si sincronizzano a livello mondiale, vuol dire che stiamo vivendo una transizione di fase, la quale parte quantomeno dalla rivolta parigina nel 2005 e arriva fino ai giorni nostri. Il dialogo fra le classi sta venendo meno, e con esso la presa sulla società del modello sindacale corporativo: è morto il "tavolo delle trattative", e il pacifismo sta scomparendo dalle piazze sotto il peso dei mezzi blindati, dei candelotti lacrimogeni e dei proiettili - non sempre di gomma - della polizia.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le ultime notizie in arrivo dalla Spagna.
Nei giorni scorsi la Corte suprema spagnola si è pronunciata sul referendum promosso dagli indipendentisti catalani nell'ottobre del 2017, ed ha accusato nove leader del movimento di attentato all'unità dello stato distribuendo un centinaio di anni di carcere. Immediatamente migliaia di manifestanti hanno invaso le strade di Barcellona, per poi dirigersi verso l'aeroporto El Prat causando la cancellazione di decine di voli e il blocco dell'autostrada all'altezza di Girona. La polizia si è fatta trovare in assetto antisommossa e ne sono nati violenti scontri. Indetto per la giornata di venerdì lo sciopero generale.
Ci sembra di poter dire che a Barcellona stanno passando in secondo piano la questione nazionale, l'irredentismo o la volontà di autonomia, mentre incidono con sempre maggior forza la miseria crescente e il disagio sociale che da essa deriva. La carica di violenza sprigionata dagli apparati repressivi, in Spagna, così come in Francia o ad Haiti, è sempre più pesante. Evidentemente è in corso un'escalation: il pacifismo sta scomparendo dalle piazze, anche perché di fronte a forze di polizia armate e coordinate, i manifestanti non possono che muoversi di conseguenza.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con il commento di un articolo del Corriere della Sera sulla flessione del mercato immobiliare italiano.
Secondo i dati raccolti dall'Osservatorio Fiaip (Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali), negli ultimi 10 anni il prezzo delle case è crollato mediamente del 30%, con situazioni particolarmente gravose nei quartieri periferici di Roma, Milano, Napoli e Torino. Storicamente il mattone rappresenta un bene rifugio nei momenti di crisi, ma quando non adempie più a questo compito diventa indice di guai seri per l'economia. Anni fa l''Economist, nell'articolo da cui prendemmo spunto per scrivere il testo "Le case che salvarono il mondo", ammetteva che le abitazioni "hanno protetto l'intera economia mondiale da una profonda recessione". Se il mercato immobiliare oggi si trova in queste condizioni, vuol dire che il sistema nel suo complesso è in grave sofferenza.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 12 compagni, è iniziata commentando il recente attacco in Arabia Saudita ai siti petroliferi di Abqaiq, uno dei principali giacimenti del paese, e Khurais.
Dall'iniziale ipotesi dell'invio di droni da parte dei ribelli Houthi, attivi in Yemen contro la coalizione a guida saudita, nel giro di poche ore le maggiori agenzie di stampa sono passate ad identificare l'azione di guerra come un qualcosa di più strutturato, condotta con decine di missili cruise e con velivoli comandati a distanza provenienti, probabilmente, da Iraq o Iran. Secondo la Rivista Italiana Difesa, sono stati inviati fino a 40 razzi, soprattutto da crociera, 19 dei quali hanno colpito e distrutto il bersaglio. I danni hanno causato il dimezzamento della produzione del complesso petrolifero, il più grande del mondo, con un calo del 5% della produzione mondiale ed un aumento immediato del 19% del prezzo del petrolio.
Certamente non si tratta di un attacco di combattenti irregolari, poiché per un'operazione del genere occorrono sistemi complessi e conoscenze al di fuori della portata di eserciti partigiani. D'altra parte, è difficile che paesi come l'Iran o l'Iraq, esecutori diretti o passivi consenzienti, corrano il rischio di rappresaglie "proporzionate". In ogni caso, si sono innescati meccanismi automatici che potrebbero sfociare in un'escalation militare. In seguito all'episodio alcuni senatori americani hanno chiesto il bombardamento delle raffinerie iraniane, mentre il governo iraniano ha parlato di "compellenza". Il termine, che significa forzare qualcuno a fare qualcosa che lo danneggi, non ha riscontro nella lingua italiana, ma nella guerra moderna ha più valore degli stessi armamenti.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata commentando le ultime notizie in arrivo da Hong Kong.
Nell'ex colonia britannica domenica 21 luglio centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi ancora una volta in strada e hanno preso di mira gli uffici del Partito Comunista cinese. Al termine della manifestazione alcuni dimostranti sono stati picchiati da gruppi di uomini armati con mazze e bastoni, che indossavano magliette bianche e mascherine sulla bocca. Sembra che gli assalitori siano legati alle Triadi, la mafia cinese.
In tutto il mondo le manifestazioni si radicalizzano e si estendono, e in migliaia invadono le strade delle città, in Francia così come a Puerto Rico, dove 500mila persone, su un totale 3,7 milioni di abitanti, hanno partecipato ad una mobilitazione contro la corruzione. Nel saggio Ubiquità il fisico e divulgatore scientifico Mark Buchanan indaga gli elementi che accomunano i terremoti, la diffusione degli incendi, l'estinzione delle specie, l'andamento della Borsa, lo scoppio delle guerre e le rivoluzioni; al di là della loro specificità, tutti questi fenomeni riguardano sistemi non in equilibrio che per loro natura tendono verso soluzioni catastrofiche, in base ad una legge universale del cambiamento.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le notizie provenienti da Hong Kong.
Nel giorno del 22° anniversario del ritorno dell'ex colonia britannica sotto il controllo cinese, a Honk Kong viene occupato il Parlamento. Durante una manifestazione un gruppo di oltre mille persone si è staccato dal corteo principale ed è riuscito ad arrivare all'ingresso principale dell'edificio superando la recinzione esterna. Alcuni manifestanti sono quindi entrati nella sede istituzionale, occupandola per ore, scrivendo slogan sui muri e danneggiando gli scranni parlamentari.
L'accaduto ricorda quanto avvenuto in Grecia qualche anno fa; allora a difesa dei palazzi governativi non si schierarono solo le forze di polizia ma anche numerosi militanti stalinisti. A Hong Kong con l'occupazione, riuscita, del Parlamento, un simbolo è stato violato, anche se pare che oggi per la borghesia tale simbolo non valga un granché. Per sfondare i vetri blindati ed entrare nell'edificio, i manifestanti hanno costruito una sorta di ariete legando tra loro le transenne di acciaio poste a difesa; intorno alla sede istituzionale, si trovavano circa 30mila persone e le forze dell'ordine, che ad un certo punto hanno ritirato dei reparti, non sono riuscite a controllare la situazione. Sul governo sono piovute critiche da tutto il mondo: non era mai successo, nella storia della borghesia, che il parlamento venisse lasciato alla mercè di folle di manifestanti; se irrompere nei palazzi istituzionali dovesse diventare un'abitudine, potrebbe verificarsi qualcosa di peggio.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata commentando le manifestazioni in corso ad Hong Kong.
Sono più di un milione, secondo gli organizzatori, le persone scese in strada nell'ex colonia britannica per contestare il progetto di legge che prevede l'estradizione in Cina dei cittadini sospettati di un crimine con pena superiore ai sette anni di detenzione. Il timore che l'indipendenza giudiziaria venga meno a causa dell'ingerenza cinese sarebbe stata la scintilla che ha fatto scattare la rivolta, ma al di là dei problemi specifici quando scende in strada un numero così ampio di persone vuol dire che c'è qualcosa che va oltre l'immediato. Hong Kong non è nuova a queste vampate di collera sociale: nel 2014 il movimento Umbrella Revolution aveva riempito le piazze per giorni e giorni.
Nella regione amministrativa speciale vivono circa 7,5 milioni di persone con una densità di 6500 abitanti per kmq; questo significa che uno su sette ha partecipato alle proteste. Insieme alla vicina Shenzhen, che conta 12,5 milioni di abitanti, o ad altre città cinesi, che raggiungono i 30, la città-stato di Hong Kong fa parte della schiera delle metropoli monster: immensi insediamenti umani sempre più difficili da controllare.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 14 compagni, è iniziata dal commento di alcune parti del libro M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati. Il romanzo tratta della vita di Mussolini, dall'incandescente situazione sociale del primo dopoguerra in Italia alla fondazione del Partito Fascista.
Lo scorso 22 marzo, in occasione del centenario della fondazione dei fasci di combattimento, Scurati ha scritto un articolo per Repubblica, "Il fascismo è ancora vivo dentro di noi", in cui afferma: "Il genus italico ha generato il fascismo. Di più: il fascismo è stato una delle potenti invenzioni (o innovazioni, se preferite) italiane del Ventesimo secolo, che dall'Italia si è propagata in Europa e nel mondo."
In effetti in quel frangente storico l'Italia fu laboratorio politico: la forma fascista si impose prima nella Penisola e poi si diffuse in tutto il mondo, poiché adatta a risollevare le sorti di un capitalismo a rischio collasso. Il più delle volte si confonde il fascismo con la sua sovrastruttura ideologica (la violenza squadrista, la camicia nera, ecc.), quando invece è da intendere quale fenomeno di autoregolazione del sistema, che si è affermato attraverso il potenziamento dello strumento statale. Esso non è sparito - come sostiene Scurati -, bensì ha vinto sul piano politico ed economico.
Durante la teleconferenza di martedì scorso, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo fatto alcune considerazioni riguardo i vari movimenti sociali che sempre più frequentemente riempiono le strade e le piazze del pianeta.
Non di rado ci è capitato, in seguito ad una nostra riunione o conferenza, che qualcuno dei convenuti si avvicinasse e ci dicesse che finalmente aveva trovato le parole per esprimere ciò che aveva in testa. Questo semplice e gradito commento rivela un aspetto importante della situazione in cui si trovano prime fra tutte le nuove generazioni e in generale chi si pone controcorrente: il vecchio linguaggio, quello legato al riformismo, allo stalinismo o anche alla Terza Internazionale, è assente o, se presente, non riesce più a funzionare da attrattore, risultando inadatto, e viene quindi ignorato. Allo stesso tempo i movimenti che in questi ultimi tempi hanno fatto parlare di sé, come quello francese dei gilets jaunes, ancora non sono riusciti a formularne uno nuovo. Quando un nuovo linguaggio prende piede, non importa se in ambienti di dimensioni contenute o in ampi strati della popolazione, è sempre segno di cambiamento perché significa che nuove forme risultano maggiormente valide rispetto a quelle tradizionali.
Abbiamo quindi letto alcuni passi dell'articolo "Poscritto al Grande Ponte", tratto dall'ultimo numero della rivista:
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata con la segnalazione di alcuni articoli di stampa sulla situazione economica tedesca.
Abbiamo cominciato commentando l'articolo "Germania, i colossi industriali taglieranno 100mila posti di lavoro" del Sole 24 Ore, per poi passare a quello dell'Huffington Post intitolato "Gli ordini industriali tedeschi crollano ancora con il maggior ribasso da due anni. Più che dimezzate le stime del Pil della Germania". In effetti, a febbraio gli ordini industriali tedeschi hanno segnato una flessione del 4,2% e su base annua dell'8,4%, la più pesante in dieci anni; ciò ha portato i maggiori istituti economici a ridimensionare anche le previsioni di crescita dall'1,9 allo 0,8% per l'anno in corso. La Germania ha una struttura produttiva orientata all'esportazione e, evidentemente, risente della contrazione del commercio mondiale, proprio come l'Italia, tanto che il ministro dell'economia Giovanni Tria, intervistato da Repubblica, ha affermato che la situazione tedesca è sempre più simile a quella nostrana:
"I Paesi più colpiti in Europa, sono le due principali potenze manifatturiere, ossia Germania e Italia. La Germania parte da livelli di crescita del Pil più alti dei nostri e quindi anche il rallentamento non la porta a livelli di crescita vicini allo zero; ma la differenza tra il nostro Paese e loro si mantiene costante, mentre anche secondo stime di organismi internazionali già nel 2020 il gap di crescita tra l'Italia da una parte e la Germania e l'Eurozona dall'altra, si ridurrà."
La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata commentando l'articolo di The Guardian Troops referred to Ferguson protesters as 'enemy forces', emails show, circolato nella nostra rete di lavoro e relativo alle manifestazioni e agli scontri con la polizia verificatesi a Ferguson, sobborgo alle porte di St Louis, dopo l'omicidio di Michael Brown il 9 agosto 2014. Il 16 agosto il governatore del Missouri, Jay Nixon, dichiara lo stato d'emergenza e stabilisce il coprifuoco notturno dalla mezzanotte alle 5.00. La misura viene nuovamente imposta il 17 novembre, alla vigilia della sentenza del Grand Juri sull'incriminazione del poliziotto autore dell'omicidio, in seguito prosciolto dall'accusa.
Sulla base di alcune documenti interni alle forze militari e di polizia statunitensi reperiti dal giornale inglese, l'articolo mette in luce come lo stato americano tenda sempre più a considerare i "manifestanti" alla stregua di "terroristi". Per gli Usa tutto sembra filare liscio quando si tratta di colpire un nemico "esterno", ma il meccanismo si inceppa se a surriscaldarsi è il fronte interno. "È inquietante quando hai dei soldati americani che vedono i cittadini americani in un qualche modo come il nemico" ha dichiarato un consigliere locale alla CNN.
La guerra moderna è combattuta in buona parte con/sui mezzi di informazione di massa e con la ricerca sistematica di informazioni dettagliate sul nemico (chiunque esso sia). Questo vale per i governi e le polizie, ma vale anche per i manifestanti: i servizi segreti temono che dalle manifestazioni spontanee di rabbia si passi ad attacchi organizzati, attraverso l'utilizzo della potenza della rete e dei social network per coordinare la rivolta.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, si è aperta con le notizie provenienti dagli Stati Uniti.
Un altro giovane afroamericano muore per le percosse ricevute dalla polizia durante l'arresto a Baltimora. Per le strade della città del Maryland, a soli 40 km da Washington e a 270 da New York, esplode la rivolta, viene inviata la Guardia Nazionale e istituito il coprifuoco. Le gang della città stringono un'alleanza per respingere la polizia dai quartieri, mettendo in moto una prima forma di coordinamento territoriale. E Mentre a Baltimora esplode la rabbia, a Detroit si registra un nuovo caso: un giovane di colore di 20 anni, sospettato di rapina e armato con un martello, viene ucciso da un poliziotto. Sull'episodio viene aperta un'inchiesta, mentre sono previste proteste in strada.
Il fronte interno americano si fa sempre più minaccioso, Baltimora è solo l'ultima in ordine cronologico delle città attraversate dai disordini e dalle proteste contro la violenza della polizia, in special modo verso gli afroamericani. La faccenda comincia a preoccupare seriamente il presidente Obama: se le rivolte dovessero scoppiare contemporaneamente in più città, diventerebbe difficile gestire la situazione senza alzare il livello di repressione. Segnali di solidarietà ai manifestanti arrivano da tutti gli Stati Uniti; tra i più significativi il blocco del porto di Oakland indetto per il Primo Maggio dai sindacati locali, in collegamento con le iniziative del movimento #BlackLivesMatter.
La teleconferenza di martedì, presenti 17 compagni, ha ripreso il tema legato alle ultime elezioni greche. Insediatosi al governo, Tsipras ha cominciato a fare la voce grossa e non pochi, nelle cancellerie europee, si sono agitati sulle poltrone: se davvero la Grecia uscisse dall'Euro, un pericoloso effetto domino potrebbe prendere il via con conseguenze nefaste per l'intera Unione.
Intanto il successo di Syriza esce dai confini nazionali e arriva in Spagna dove contribuisce alla crescita di Podemos. Il nuovo partito spagnolo, sorpresa delle scorse elezioni europee quando riuscì a far eleggere 5 eurodeputati, continua nella sua ascesa. Recentemente ha organizzato la "marcha del cambio", formula mutuata dalla "marcha de la dignidad" degli indignados, portando in piazza 300.000 persone. Nel comizio finale il leader Pablo Iglesias da una parte ha ribattuto le ragioni del movimento 15-M, dall'altra si è richiamato alla patria:
"Hanno voluto umiliare il nostro paese con questa truffa che chiamano austerità. Mai più la Spagna senza la sua gente, mai più la Spagna come marca per gli affari dei ricchi. Non siamo una marca, siamo un paese di cittadini, sogniamo come Don Chisciotte, però prendiamo molto sul serio i nostri sogni. E oggi diciamo patria con orgoglio, e diciamo che la patria non è una spilletta sulla giacca, non è un braccialetto, la patria è quella comunità che assicura che si proteggano tutti i cittadini, che rispetta le diversità nazionali, che assicura che tutti i bambini, qualunque sia il colore della loro pelle, vadano puliti e ben vestiti a una scuola pubblica, la patria è quella comunità che assicura che i malati vengano assistiti nei migliori ospedali con le migliori medicine, la patria è quella comunità che ci permette di sognare un paese migliore, però credendo fermamente nel nostro sogno."
La teleconferenza di martedì sera, collegati una quindicina di compagni, è cominciata con una veloce rassegna delle notizie di attualità sul tema della vita senza senso. In particolare è stato commentato un articolo del Corriere della Sera intitolato La spirale di violenza che alimenta la tensione degli uomini in divisa:
"In un clima dove tutto si mescola, e ogni episodio viene preso a pretesto per contestazioni e nuove accuse reciproche, non è difficile prevedere ulteriori tensioni, nelle piazze e nel confronto tra le diverse componenti. Anche all'interno della polizia, unica forza dell'ordine non militare, dove il malessere per condizioni economiche e di lavoro di certo non ottimali tende a esplodere in occasioni simili. Al punto che il sito Internet di Magistratura democratica, la corrente dei giudici di sinistra, s'interroga sulle cause del 'disagio e dell'insofferenza di qualche sindacato, e delle dure posizioni corporative che sfociano in manifestazioni che non è esagerato definire eversive'."
Nel testo vengono accomunati alcuni fatti recenti: gli scontri avvenuti in occasione del corteo del Primo Maggio a Torino, i disordini dell'Olimpico, la manifestazione a sostegno di quattro militanti No Tav accusati di terrorismo, il plateale applauso che i delegati del Sap hanno riservato ai colleghi condannati per la morte di Federico Aldrovandi. Si tratta di episodi apparentemente scollegati fra loro, ma, a ben vedere, essi sono nodi di una stessa rete che si influenzano a vicenda. Sono fenomeni che, come abbiamo scritto nel numero 18 della rivista, "segnalano una tendenza, statisticamente registrata, all'intensificazione. A noi, lo ribadiamo, non interessano né la psicologia (del singolo o collettiva) né la sociologia dei gruppi umani, che le discipline apposite portano ad osservare come un turista osserva gli animali allo zoo. A noi interessa il sistema termodinamico che vede aumentare la propria temperatura sociale e quindi la velocità di movimento delle proprie molecole. Ci interessa la potenzialità fisica, non la 'spiegazione' ideologica.
Come ogni martedì la teleriunione ha preso le mosse dal commento, insieme ai tredici compagni partecipanti, dei fatti salienti della settimana.
I sommovimenti sociali che coinvolgono diversi paesi in diverse aree del mondo vanno letti nel contesto della crisi cronica del capitalismo senile. Nel volgere di pochi anni lo scontro con gli apparati statali si è affinato: dalle rivolte nelle banlieues francesi nel 2005 a quelle londinesi del 2011, il livello dello scontro è cresciuto fino ad arrivare, nelle rivolte di Turchia ed Egitto, ad una dimensione maggiormente organizzata. La borghesia, dal canto suo, si trova di fronte ad un nemico che non è più esterno; deve piuttosto combattere contro una popolazione urbana sempre meno controllabile e, non potendo più ricorrere agli strumenti classici di corruzione (Welfare State), incentiva uno Stato di tipo poliziesco.
La teleriunione, a cui hanno partecipato 13 compagni, è cominciata prendendo spunto dagli articoli di alcuni quotidiani riguardo la possibilità dell'esplosione di una bolla immobiliare in Cina. Nonostante il Pil cinese cresca del 7%, è comunque da considerarsi un dato negativo perché si è di fronte ad un'enorme sovrappopolazione, e cioè 800 milioni di senza riserve da inserire nel ciclo produttivo. L'economia cinese è in forte espansione ma allo stesso tempo presenta un alto livello di finanziarizzazione, al pari dei paesi a capitalismo senile; un suo arresto o una forte flessione avrebbe ripercussioni gravose non solo in Cina ma in tutto il globo.
Segna un nuovo record storico il tasso della disoccupazione in Grecia. A ottobre la percentuale dei senza lavoro è salita all'incredibile 26,8% rispetto al 26,2% del mese precedente e dal 19,8% dell'ottobre del 2011, un anno prima. Lo dichiara l'Istituto di statistica ellenico che, scorporando i dati, rende noto che sotto i 24 anni la disoccupazione tocca quota 56,6% e tra le donne il record del 30,4%. Secondo gli analisti il numero di senza lavoro in Grecia crescerà ancora, almeno nel 2013, anche a causa dei massicci licenziamenti nel settore pubblico previsti dal governo Samaras e imposti dall'Unione Europea. La disastrosa situazione greca trova oramai sempre meno spazio sulle pagine dei giornali. Paese con meno di dodici milioni di abitanti e con poche aeree urbane, la Grecia si trova per ora isolata rispetto agli altri paesi europei e, nonostante i numerosi scioperi generali e i quotidiani focolai di lotta, potrà uscire dallo stallo solo se nasce un'organizzazione a livello continentale. I governi dei PIIGS, dal canto loro, utilizzano una forte pressione psicologica sulle rispettive popolazioni accusando i lavoratori di aver vissuto sopra le proprie possibilità: la crescita del debito pubblico ne sarebbe la dimostrazione.
Editoriale: I limiti dell'… inviluppo / Articoli: Il gemello digitale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Donald Trump e il governo del mondo / Rassegna: Il grande malato d'Europa - Il vertice di Kazan - Difendono l'economia, preparano la guerra / Recensione: Ciò che sembrava un mezzo è diventato lo scopo / Doppia direzione: Il lavoro da svolgere oggi - Modo di produzione asiatico? - Un rinnovato interesse per la storia della Sinistra Comunista - Isolazionismo americano post-elettorale?
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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